Otello a Pesaro con del Monaco y Flórez
La Nazione (Firenze)
di CARLA MARIA CASANOVA
— PESARO —
L’AVEVA ANNUNCIATO: un Otello metafisico. E allora, Giancarlo Del Monaco, figlio del più grande Otello (verdiano) del ’900, affrontando per la prima volta questo titolo nella versione rossiniana, per l’inaugurazione del Rof 2007, ci propone una scena alla Magritte: una camera vuota, le pareti dipinte di azzurro, metà cielo e metà mare: ci sono nove porte, che si apriranno oppure avanzeranno nello spazio articolandolo in varie configurazioni. E’ la stanza claustrofobica dove ha luogo il dramma di Desdemona, prigioniera del suo destino di vittima, oggetto del sacrificio di un gioco maschile spietato.
Il libretto dell’Otello rossiniano, capolavoro giovanile del pesarese (prima rappresentazione Napoli 1816) racconta il dramma shakespeariano improntato in prevalenza sulle gelosie dei due pretendenti (Otello e Rodrigo). Figura decisiva quella del perfido Jago che giocherà, non con un fazzoletto ma con un biglietto amoroso e una ciocca di capelli, per la rovina di tutti. E’ una schermaglia di poteri, non ci sono duetti d’amore, solo, fra le arie acrobatiche, la preghiera accorata di Rodrigo verso l’amata Dedsdemona — aria di agilità che ha fatto scattare un’ovazione per l’interprete, il favoloso Juan Diego Florez (in una foto di scena con Gregory Kunde e Olga Peretyatko).
NELL’ECONOMIA di questa storia, con messinscena scarna e rigida (la scena è di Carlo Centolavigna, gli stupendi costumi di Maria Filippi. Giancarlo Del Monaco ha una formidabile idea, teatralmente efficacissima: moltiplicare Jago in nove personaggi identici, (portano una maschera presa in calco dal trucco di Jago). E’ l’incubo, l’insidia da cui tutti dipendono. Nuova e funzionale pure la sistemazione del coro, in due matronei laterali che fuoriescono dalle pareti e dove i coristi rossovestiti, cantano immobili, uomini e donne unificati da identiche cuffiette. Il coro è quello da Camera di Praga diretto in modo prestigioso da Labomir Màti.
LA MUSICA DI ROSSINI scorre limpida su questo impianto asessuato. Pensano gli interpreti, con una recitazione eccellente, a raccontarci i sentimenti. E soprattutto a cantare le arie terribili, a cominciare da Gregory Kunde (Otello) grande e fascinoso, per non parlare del citato Florez, beniamino pesarese fin dal debutto nel 1996 e sempre in possesso dei suoi mezzi straordinari nel registro acuto; e poi la bella Olga Peretyatko (Desdemona) che ha superato senza flettere la sua strenua aria di agilità. C’è anche, nel cast, Chris Merrit, che fu grandissimo Otello al Rof nel 1988 e ancora nel 1991. Oggi la sua voce è cambiata, e non in meglio. Interpreta Jago e la voce è spesso sbracata ma il suo personaggio è da ricordare. Altri minori, ottimi, Maria Gortsevskaya (Emilia) e Mirco Palazzi (Elmiro).
Renato Palumbo (presente al Rof dal 2003) sta sul podio dell’orchestra del Comunale di Bologna e fa cantare uomini e strumenti con il suo gesto ondeggiante e cordiale. Momenti grandi nell’ultimo, bellissimo atto.
Alla fine applausi e dissensi, inevitabili, per la regìa. Ma diamo tempo al tempo: potrà avere una rivincita quando riproposta a Berlino e a Losanna.
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